The Storytelling Monster. Un mostro racconta una favola a una classe di bambini.

Storytelling, definizione e consigli su come farlo

Con il termine “Storytelling” si indica generalmente l’arte di raccontare storie, ma qual è il rapporto di questa disciplina con la persuasione?
Quali sono le regole da seguire per diventare buoni narratori, capaci di raccontare storie coinvolgenti in ogni occasione?

STORYTELLING, DEFINIZIONE E SIGNIFICATO

Con il termine Storytelling si intende generalmente l’atto del narrare. Questa disciplina si basa sui principi della retorica e della narratologia.
La retorica è l’arte del dire, nello specifico l’arte di persuadere con le parole. La narratologia è la disciplina che studia le strutture narrative.

Lo Storytelling può essere impiegato in diversi contesti; in psicologia, in pedagogia, ma anche  in campagne politiche e pubblicitarie.

Il termine Storytelling sembra essere un concetto relativamente recente, ma in realtà non lo è. Quello che è recente è sicuramente il suo abusato utilizzo in alcuni campi come quello del marketing e di alcune delle discipline che con esso si intersecano. Il corrispettivo italiano di Storytelling, seguendo il Treccani, sarebbe il poco trendy “affabulazione”: “l’arte di scrivere storie catturando l’attenzione e l’interesse del pubblico”.
Secondo lo stesso Treccani, però, il significato di affabulazione sarebbe anche quello di “organizzare un soggetto in favola”, disporlo in modo che possa essere rappresentato; per estensione il termine indica una qualsiasi invenzione favolosa o costruzione della fantasia.

STORYTELLING E PERSUASIONE

Lo Storytelling viene spesso chiamato in causa come tecnica di marketing, e la sua funzione fondamentale sarebbe in questo contesto quella persuasiva. In realtà lo Storytelling, il “raccontare storie”, fa parte dell’esperienza umana dalla notte dei tempi, e ogni storia raccontata è in qualche modo un tentativo di persuasione.

L’Uomo tramite i suoi racconti ha sempre trasmesso, in maniera più o meno volontaria, un sistema di credenze proprio di un individuo o di una cultura; un’interpretazione soggettiva del Mondo, un insieme di tabù o di regole da seguire, una visione morale.

Possiamo pensare ai grandi cantori dell’epica greca, ai dittatori del secolo scorso che urlavano parole di propaganda di fronte a folle estasiate, a giovani pubblicitari intenti a risollevare le sorti di un’azienda dopo la Grande Depressione… alle favole che ci raccontavano i nostri genitori prima di metterci a letto oppure a un film di guerra proiettato sul grande schermo.
Lo Storytelling ha a che fare con tutte queste attività, ed è spesso un veicolo di trasmissione dei valori della cultura dominante in un particolare contesto.

Per capire quanto possa essere incisivo lo Storytelling (anche quello che consideriamo puro “intrattenimento”) nel definire il mondo che ci circonda, citerei una recente intervista fatta dal giornalista Fabrizio Rostelli a Nicolai Lilin, autore del bestseller Educazione Siberiana.
Lo scrittore moldavo ricorda così il periodo successivo alla caduta del Muro di Berlino:

Adesso che ho quasi quarant’anni mi guardo indietro e penso alla mia infanzia, al destino di altri ragazzi come me; io sono uno dei pochi ad essere ancora vivo. Bisogna dire che il cambiamento così veloce e immediato dal socialismo comunista sovietico alla società consumista occidentale ci ha traumatizzato. Abbiamo dovuto imparare a vivere in un mondo totalmente diverso, per il quale non ci avevano preparato. Molti non sono stati in grado di ritrovare la propria strada, c’era un’enorme confusione. Di giorno ci raccontavano quanto era grande il nostro Paese e di sera guardavi i film e ti rendevi conto di far parte di un popolo di antieroi perché quel simpatico Rambo ammazzava i tuoi connazionali, tutti ubriachi e con i denti storti. La mia generazione è stata decimata da questa bomba culturale.

Qualcosa che a noi può sembrare  privo di ogni intento persuasivo come un film d’azione diventa in questo caso una vera e propria arma di persuasione, capace di mettere in discussione un intero sistema culturale.

IMPARARE LO STORYTELLING

Si può insegnare lo Storytelling?
Certamente si… Spesso, inevitabilmente, si fa confusione tra termini diversi tra loro, come Storytelling Aziendale e Content Marketing, Storytelling e Scrittura Creativa…
Dal mare magnum del web si possono estrapolare alcuni validi consigli, sempre tenendo conto del fatto che se parliamo di Storytelling come generico atto del narrare è molto difficile trovare regole che possano venirci in soccorso per ogni scopo che ci siamo prefissi di raggiungere attraverso lo scrivere. Alcune magari possono essere utili in un contesto di Scrittura Creativa (romanzi, racconti), altre possono essere interessanti in un contesto aziendale (Brand Storytelling, Storytelling Aziendale), altre sono applicabili soprattutto se si ha l’intenzione di fare leva su un aspetto emozionale con l’intento di vendere un prodotto o un servizio.

STORYTELLING EFFICACE

LA REGOLA AUREA. SHOW, DO NOT TELL!

“Show, Don’t tell!”. La regola d’oro per chi dello scrivere vuole farne un mestiere. Citata in apertura a tutti i corsi e i laboratori di Scrittura Creativa del pianeta; tanto citata che spesso si fa a meno di spiegarne il significato.
Può venirvi in soccorso per dare ritmo ai vostri racconti, per creare personaggi avvincenti, per dare sostanza a una sceneggiatura.

“Tell” significa “dire”.
Quando propendete per il “dire”, semplicemente, informate di un fatto il fruitore di una storia.
“To Show” significa “mostrare”.
Se sceglierete la strada del “mostrare” manderete un messaggio al vostro interlocutore in maniera indiretta, tramite la creazione di un’immagine, di un’azione, rappresentativa dell’informazione che volete veicolare. Questo espediente vi eviterà di appesantire la narrazione con approfondimenti psicologici e con un eccesso di descrizione.

SHOW DO NOT TELL, ESEMPI

Ecco un paio di esempi pratici per capire la differenza tra “Tell” e “Show”:

  1. State scrivendo un racconto.
    Volete far capire che il protagonista della storia, il Signor G., è particolarmente disordinato e poco incline all’igiene personale.

    La via del “Tell”:
    il lettore leggerà un piccolo paragrafo descrittivo in cui avete scritto che il Signor G. è disordinato e ha poco interesse a lavarsi.

    La via dello “Show”:
    potete descrivere il Signor G. che non riesce a chiudere l’anta di un armadio perché ostruita da una montagna vestiti sporchi, ammassati da giorni sul pavimento. Prima di un appuntamento vedremo poi il Signor G. avvicinarsi alla montagnola, arraffare al volo un paio di pantaloni e una t-shirt, vestirsi e uscire di casa.

  2. Anche un dialogo può asservire alla funziona dello “Show Don’t Tell” e risparmiarci l’utilizzo di una descrizione.

    La Signora F. è sgarbata e prepotente.

    Potete scrivere, seguendo la strada del “Tell”: “la Signora F. è sempre stata maleducata e desiderosa di prevalere sugli altri”.

    Seguendo la regola dello “Show” potremmo inscenare un dialogo (o più dialoghi) dove la Signora F. interrompe continuamente i suoi interlocutori, magari utilizzando un linguaggio particolarmente volgare. Avremmo così delineato due tratti di un carattere con poche battute e senza ricorrere a descrizioni.

Tramite i dialoghi, naturalmente, potremmo caratterizzare nello stesso momento più personaggi, contrapponendoli tra loro.

The Storytelling Swan. Illustrazione di Dugald Stewart Walker.
The Storytelling Swan. Illustrazione di Dugald Stewart Walker

SCHEMI NARRATIVI

Nell’arte del narrare si possono rintracciare degli schemi narrativi, delle strutture che organizzano la narrazione e che ci aiutano a darle solidità.

In uno stracitato, e molto valido, articolo pubblicato su Sparkol, possiamo vedere quali sono i più ricorrenti tra questi schemi.
In realtà nell’articolo si parla di schemi da utilizzare in “presentazioni coinvolgenti” per lo speaking, ma il loro utilizzo è altrettanto valido in altri contesti narrativi, come film, romanzi o racconti.


(1) Monomito o Viaggio dell’Eroe

E’ il classico schema in cui abbiamo un eroe che abbandona la sua terra d’origine e penetra in un luogo sconosciuto, alla ricerca di un principio salvifico per sé e la sua comunità.

Troviamo questo tipo di narrazione in molti racconti mitologici e religiosi, ma anche in storie più recenti.

A proposito di questo schema narrativo si può vedere la curiosa lettura che fa della parabola artistica dei Beatles il critico musicale Daniele Soffritti.

La Divina Commedia è un classico esempio dello schema “Monomito” e ne ricalca la struttura circolare.

(2) La Montagna

In questo schema narrativo abbiamo un crescente incalzare della tensione, fino al raggiungimento di un Climax. Segue poi il generalmente repentino allentamento della tensione e la sua definitiva scomparsa.

Questa metodologia di narrazione richiama da vicino la Piramide di Freytag.
Gustav Freytag politico e scrittore tedesco, rintracciò già nell’800 una struttura ricorrente nelle narrazioni. Individuò tre fasi:
Esposizione e avvio della storia
Culmine e rientro del Climax
Risoluzione


(3) Cerchi Concentrici o Cicli Annidati

Questa struttura prevede tre o più storie, la cui più importante viene “piazzata” al centro della narrazione. Le altre linee narrative sono sviluppate con l’intento di chiarire il concetto principale, contenuto nella storia primaria.

Nella saga cinematografica del Signore Degli Anelli abbiamo in parte questo schema narrativo.
La prima storia potrebbe essere quella della vita nella Contea (con protagonisti Sam e Frodo). Assistiamo successivamente alla vicenda (primaria) della distruzione dell’Anello. La fine del film riprende la narrazione della vita nella Contea e la conclude.
Frodo esce di scena. Grazie all’esperienza maturata nella storia primaria, Sam è un personaggio cambiato che può mettere fine a quest’altra linea narrativa.; trova finalmente il coraggio per chiedere la mano della ragazza di cui è innamorato e si emancipa da ogni tipo di subordinazione. La storia della Contea mette in risalto i valori per cui si è combattuto durante la vicenda centrale, e ne amplifica il tema.
Gli schemi narrativi possono sovrapporsi tra loro e dare vira a strutture complesse. Basti pensare, ad esempio, che nello stesso Signore degli Anelli sono presenti anche lo schema del Monomito e quello della Montagna.


(4) Piani Contrapposti

Utilizzando questo schema narrativo alternerete continuamente il piano del reale (il “come è”) a quello dell’ideale (il “come dovrebbe essere”).
La contrapposizione tra realtà e ideale è una forte leva emotiva. Mostrare che “qualcosa non va” e che c’è la possibilità di vivere in un Mondo migliore potrebbe essere un modo per chiamare in causa il destinatario del messaggio, e spingerlo all’azione.

Di questo schema ci parla Nancy Duarte in un interessante speech, reperibile anche con sottotitoli in italiano:

Nancy Duarte uncovers common structure of greatest communicators (GUARDA IL VIDEO SU YOUTUBE)


(5) In Media Res

In questo caso la storia comincia a essere raccontata a partire dal centro della vicenda, o comunque da un punto cruciale della narrazione.

Si usa questa tecnica per entrare subito nel vivo degli eventi, per calamitare immediatamente il massimo dell’attenzione.

Il difficile è garantire un alto coinvolgimento anche quando poi si iniziano a raccontare gli episodi che ci hanno portato, appunto, in “media res” (nel vivo dell’azione).

Maggiore è il tempo in cui il fruitore della storia si chiederà come abbiano potuto gli eventi portare la narrazione alla situazione descritta nell’ “in media res”, maggiore è stato il successo di questa tecnica narrativa.

Kill Bill, di Quentin Tarantino, utilizza questo tipo di tecnica.
Nella prima scena assistiamo all’uccisione (o presunta tale) della protagonista, per poi andare a ritroso a capire cosa ha portato al tragico evento (anche se in realtà assistiamo ad altri salti temporali lungo tutta la durata del film).

Wrong Turn at Tahoe – Ingranaggio Mortale è un film che ha ricevuto pareri contrastanti ed è stato distribuito solo per il mercato home video, ma può contare su un buon cast e sfrutta al meglio la tecnica dell’ “in media res”.
Durante le sequenze iniziali vediamo i due personaggi principali, feriti gravemente, che si dirigono in macchina verso un ospedale. Tramite un flashback assistiamo a tutti gli eventi precedenti, rappresentati questa volta in ordine cronologico, fino a tornare alla scena del viaggio in macchina. Qui, dopo un colpo di scena, termina la storia.


(6) Idee Convergenti

Con questo tipo di schema rappresenteremo diverse linee di pensiero che concorrono alla creazione di un idea o di un prodotto.

Si fa spesso l’esempio di Larry Page and Sergey Brin; unendo le loro idee e partendo da diverse esperienze i due hanno dato vita al colosso Google.


(7) Falsa Partenza

In questo caso la narrazione sembrerà andare in una direzione prevedibile, per poi fermarsi di colpo e mostrare un nuovo inizio.

Questa tecnica serve per dare una forte scossa al fruitore della storia, che verrà fortemente colpito dal cambio di direzione della narrazione e dalla perdita di un certo senso di sicurezza che provava nella parte “prevedibile” del racconto.


(8) Struttura a Petalo

In questo caso assistiamo alla messa in scena di più storie che si muovono intorno a un concetto centrale senza necessariamente avere un diverso livello di importanza.

Possiamo osservare un utilizzo esemplare di questa tecnica in Cloud Atlas.
Nel film si alternano sei storie che, sebbene siano ambientate in luoghi e tempi diversi tra loro, sono collegate l’una all’altra e presentano lo stesso messaggio di fondo. Ogni personaggio, ribellandosi a un diverso tipo di ingiustizia, si distinguerà nel compiere una prova di coraggio.

STORYTELLING AZIENDALE (STORYTELLING MANAGEMENT)

La funzione dello Storytelling Aziendale è fondamentalmente quello di entrare in contatto con i clienti (attuali o potenziali) di un’azienda attraverso una narrazione.

La vicenda può essere incentrata su un prodotto o un servizio, ma anche in generale sul brand stesso, sulla sua clientela o sulle persone che lavorano per esso.
In alcuni casi il Brand potrebbe apparire solo sullo sfondo, magari evocato tramite la proposizione del logo o un di un altro elemento riconoscibile.

Il mondo migliore per entrare in contatto con il target di riferimento è naturalmente quello di veicolare un’emozione attraverso la storia raccontata.

COME FARE STORYTELLING AZIENDALE

Come non si possono avere regole univoche per la narrazione, così non si possono avere per lo storytelling aziendale. Si può tuttavia tracciare qualche linea guida.

Il primo passo da fare in una campagna di marketing è quello di individuare il nostro target di riferimento, la stessa cosa andrà fatta quando ci accingiamo a ideare una narrazione.
A chi vogliamo rivolgerci?

Successivamente dovremmo chiederci:

Che tipo di emozione vogliamo che venga associata al nostro brand?

Quale è il messaggio che desideriamo trasmettere?

Naturalmente bisogna risultare credibili e in linea con le caratteristiche del prodotto o del brand al centro della narrazione.
Molto spesso grandi aziende sono incappate in flop clamorosi perché i loro messaggi non sono stati recepiti come sinceri.

Oltre al messaggio deve essere coerente con il brand anche il tono della narrazione. Posso promuovere un marchio dedicato a prodotti per neonati tramite video caratterizzati da un montaggio serrato e musica techno? Naturalmente no, a meno che non voglia ricercare un effetto umoristico o scardinare parodisticamente le convenzioni “di genere” per risultare simpatico.

Una strategia molto efficace può essere quella di fare narrazione intorno alle persone che sono dietro ai prodotti o ai servizi che il brand offre. Vedere la fatica e l’impegno che ci sono alla base di quello che propone un’azienda può dare un valore aggiunto al brand e fare immedesimare il cliente con le persone che vi lavorano.

A proposito di coinvolgimento; niente può restituire un senso di appartenenza più di uno Storytelling avente come protagonista il cliente stesso, che può essere coinvolto nella narrazione. Agevolata dai social, questa strategia potrebbe portare i consumatori di un brand a creare i contenuti della campagna pubblicitaria.
Rendere il cliente testimonial è la nuova frontiera del Marketing, sempre più indirizzato verso percorsi orizzontali.

Ideare una narrazione coinvolgente e non far vendere il prodotto sarebbe inutile. Lo scopo dello Storytelling aziendale potrebbe essere quello di consolidare la reputazione di un marchio, non necessariamente quella di “spingere” un prodotto; ma il fine ultimo, visto che stiamo parlando di Marketing e non di Poesia D’Avanguardia, è vendere.
Le emozioni, nel Marketing, sono al servizio del mercato. Sempre.

DIFFERENZA TRA CONTENT MARKETING E STORYTELLING AZIENDALE

Spesso i termini Storytelling aziendale e Content Marketing vengono sovrapposti, ma in realtà tra loro passa una grande differenza.

Tramite il Content Marketing presentiamo i nostri prodotti e i nostri servizi con dei semplici dati informativi/illustrativi.
Quando facciamo dello Storytelling aziendale, invece, creiamo una narrazione intorno al nostro prodotto, al nostro brand o alle persone che lavorano per esso. In alcuni casi, pensiamo ad esempio alle campagne marketing GoPro, il prodotto, più che essere al centro della narrazione, è lo strumento per crearla.

Per coinvolgere un uditorio niente è più efficace di una storia, qualunque sia il supporto con la quale la veicoliamo.

ACCENNI DI STORIA DEL MARKETING

Il Marketing, durante la sua storia, si è evoluto ed è passato attraverso varie fasi. Mario Alberto Catarozzo, in un suo intervento, ne identifica tre principali:

  • Anni 50-60

Il compito del Marketing è principalmente quello di far conoscere l’esistenza di un determinato prodotto. Attraverso televisione, stampa, radio e altri media la pubblicità deve portare il prodotto nella casa dei potenziali clienti.

  • Anni 70-80

La crisi petrolifera del 1969 è un grande spartiacque. Dopo il Boom Economico entra in scena l’Austerity.
Al centro delle strategia di marketing non c’è più il prodotto ma il cliente. Il prodotto diventa il mezzo che permette ai nostri sogni di diventare realtà, di realizzarci.
Il Marketing segmenta e targettizza con l’intento di fidelizzare il cliente e di rispondere al meglio alle sue esigenze.
Si fanno sognare le persone con lo Storytelling. Nasce il marketing emozionale. La pubblicità ci dice cosa volgiamo essere e cosa dobbiamo acquistare per esserlo.

Nel 1989 cade il Muro di Berlino. In un battibaleno arrivano Globalizzazione e Internet a far cambiare per sempre lo scenario mondiale.

Il Marketing comincia a rivolgersi al cliente come persona, come singolo individuo.
Si assiste alla nascita del marketing orizzontale e gli stessi clienti diventano strumento di marketing.

  • Anni 90-2000

Nasce il concetto di Brand, “la somma dei valori di un’azienda”.
Tra 2007 e 2009 si sviluppa il concetto di Marketing Umanistico.
Il Marketing non deve più creare sogni e poi cercare di soddisfarli. La crisi economica ha minato la fiducia dei clienti, ora meno propensi a credere alle “storie”.
Bisogna raccogliere le esigenze delle persone (percorso orizzontale) e trasformarle in prodotti e servizi.
Le aziende devono portare valori e soluzioni, possibilmente a livello globale.

Catarozzo fa l’esempio della campagna sui prezzi fissi per i beni primari di Conad. La pubblicità mostra la catena di supermercati come portatrice di un servizio “sociale”, i prodotti in sé sono nominati a malapena.

Negli ultimi due periodi, anche se la divisione è arbitraria e non sempre netta, fiorisce il concetto di Storytelling nel marketing. L’intento è quello di emozionare il pubblico, di conquistarne la fiducia, di creare (o dare l’impressione di farlo) valore aggiunto. Durante il Boom Economico, vista la mancanza di canali di informazione segmentati e diffusi come quelli che abbiamo adesso, la necessità primaria era invece descrivere il prodotto e portare a conoscenza della sua esistenza i potenziali clienti.

Storia del marketing | Philip Kotler Marketing Forum | Mario Alberto Catarozzo (GUARDA IL VIDEO SU YOUTUBE)

STORYTELLING AZIENDALE ESEMPI

Per dare un esempio dell’evoluzione del Marketing (e dello Storytelling) nei suoi periodi più avanzati possiamo fare un paragone tra due pubblicità avente lo stesso protagonista (a dire il vero sempre molto di tendenza sui social): un piccolo gattino, e sofferente per giunta… leva emozionale garantita.

Spot 80 – Pubblicità Barilla 1987 – gattino (GUARDA IL VIDEO SU YOUTUBE)

Barilla organizza una narrazione per pubblicizzare i suoi prodotti che, in maniera un po’ artificiosa, vengono comunque messi in bella vista nella cucina della famiglia ritratta nel video.
L’impatto emotivo è forte. Al marchio viene associato il concetto di famiglia, di sicurezza e di solidarietà.

GoPro: Fireman Saves Kitten (GUARDA IL VIDEO SU YOUTUBE)

In una più recente pubblicità della GoPro assistiamo al salvataggio e alla rianimazione di un gattino da parte di un pompiere.
Anche qui l’intento è quello di creare uno shock emozionale. Il prodotto è anche portatore di un valore aggiunto di notevole importanza, per lo più perché utilizzato da uomini (eroi) che svolgono un servizio di grande utilità sociale.

In questo spot il prodotto non viene mai mostrato direttamente, se non alla fine della narrazione, quindi “fuori” da essa.

TRANSMEDIA STORYTELLING

Con Transmedia Storytelling si intende un insieme di contenuti legati tra loro in un contesto narrativo coerente che si sviluppa su diversi media.
L’universo di Star Wars e quello degli eroi della Marvel sono colossali esempi di Transmedia Storytelling. In questo caso la narrazione (coerente perché parliamo di un unico mondo narrativo) si dipana attraverso film, serie televisive, fumetti e libri.

DIGITAL STORYTELLING

Per Digital Storytelling si intende la creazione di un insieme di contenuti realizzati in un contesto digitale e inseriti in una struttura narrativa coerente che li unisce tra loro.

DATA STORYTELLING

Per Data Storytelling si intende semplicemente il raccontare una storia attraverso i dati.

Il Data Storytelling si differenzia dal Data Visualization (o Data Viz) in quanto non si preoccupa solo di trovare un’efficace modalità di trasmissione del dato, ma perché alla base deve esserci un messaggio chiaro da trasmettere. Tramite il Data Storytelling noi volgiamo veicolare un’idea alla quale i dati faranno da supporto, introducendo il fattore umano, narrativo.

Tramite il Data Storytelling possiamo organizzare i dati raccolti in modo che siano a sostegno di una nostra ipotesi, o che generino processi decisionali particolari nei nostri interlocutori. O che semplicemente siano organizzati in modo da dare più impatto e risalto a un insieme di dati, magari per farli leggere da un’ottica diversa; alternativa rispetto al senso comune.

Il Data Storytelling è un passo oltre la semplice esposizione dei freddi dati. A seconda di come li mostriamo, di come ne elaboriamo la rappresentazione, possiamo decidere su cosa focalizzare l’attenzione. Anche con l’utilizzo di accattivanti espedienti grafici.

Alla base di un progetto di Data Storytelling ci deve essere una grande capacità di analisi dei dati stessi, dobbiamo isolare quelli più funzionali al nostro scopo, cercando di mantenerci sempre all’interno di una rappresentazione obiettiva della realtà.

Il modo in cui presenteremo i dati farà la vera differenza. Più ci allontaneremo dalla fredda esposizione dei dati, magari unendo tra loro l’utilizzo di video, musica e rimandi ipertestuali, più eviteremo di far scendere il coinvolgimento dell’esperienza.

ESEMPI DI DATA STORYTELLING

The Fallen of World War II è un esempio di eccellente Data Storytelling.
I numeri che si riferiscono ai morti della Seconda Guerra Mondiale vengono resi “caldi” da un realizzazione grafica a impatto.
Il messaggio che traspare (se mai ce ne fosse bisogno) è quello che la Guerra è un’azione assurda, e che di fronte a una catastrofe del genere parlare di vinti e vincitori non ha senso. Nella narrazione fanno capolino alcuni particolari che altrimenti, con la semplice esposizione dei numeri, potrebbero non aver catturato mai la nostra attenzione.

The Fallen of World War II (GUARDA IL VIDEO SU YOUTUBE)

VIDEO STORYTELLING

Per video Storytelling si intende in modo generale una narrazione sotto forma di video.

STORYTELLING FOTOGRAFICO

Lo Storytelling Fotografico è una narrazione organica che si dipana attraverso una serie di scatti fotografici.
Il confine con il reportage è sottile e spesso le due cose si sovrappongono.

TIMELINE STORYTELLING

Si parla di Timeline Storytelling quanto organizziamo una narrazione su una linea temporale.
Questo tipo di approccio può dare ottimi risultati quanto presentiamo il percorso di un’azienda.
Nei libri di Storia, soprattutto quelli dedicati ai più piccoli, il suo uso è molto efficace.

Il video 5 Timeline Structures for Storytellers ci mostra in maniera chiara come possono essere strutturate le nostre linee temporali.

5 Timeline Structures for Storytellers (GUARDA IL VIDEO SU YOUTUBE)

UNIONE DI DIVERSI TIPI DI STORYTELLING

Naturalmente non c’è limite alla fantasia, diversi tipi di Storytelling possono unirsi e dare vita a esperienze coinvolgenti.

Data is beautiful è un canale Youtube che ha fatto fortuna proponendo accattivanti video unendo il Data e il Timeline Storytelling.
Gli argomenti trattati sono vari, e spesso ci troviamo di fronte a delle vere e proprie sorprese.

Best-Selling Music Artists 1969 – 2019 (GUARDA IL VIDEO SU YOUTUBE)

LA MODA DELLO STORYTELLING

Alcuni giornalisti, professori ed esperti del Marketing si sono interrogati sulla possibilità che si stia un po’ esagerando nell’infilare a forza la moda del “raccontare storie” in alcuni settori che non hanno certo nello Storytelling la loro attività primaria.

Federico Ferrazza, direttore di Wired.it, scrive che “non si scrivono più articoli, si raccontano storie”. Raccontare storie non sarebbe necessariamente qualcosa di negativo, ma nel giornalismo dovrebbe esserci un’obiettività che, facendo Storytelling, inevitabilmente, si perde.
Nello Storytelling prendiamo una singola narrazione come esemplare di tutto un mondo, quindi vedendo le situazioni da un punto di vista limitato.

Ferrazza ammette di riprendere alcune tematiche proposte in precedenza da  parole di Ascanio Celestini. I giornalisti, raccontando storie cariche di retorica persuasiva, sarebbero sempre più simili ai professionisti del teatro; e spesso fanno passare una storia come una tendenza universale.
Il compito del giornalista, anche nell’esporre un’opinione o un punto di vista originale, non dovrebbe mai prescindere dallo studio e dalla divulgazione di dati oggettivi.

Umberto Santucci, scrivendo in merito alla moda dello Storytelling, osserva che l’abuso che si fa di questa disciplina nel mondo della consulenza manageriale dimostra quanto questo ambiente, apparentemente serioso e concentrato sull’efficienza, sia in effetti in parte frivolo e permeabile alle mode.

Secondo Giovanna Cosenza, insegnante di Filosofia e Teoria dei Linguaggi all’Università di Bologna, il raccontare storie all’interno del mondo della comunicazione e del marketing è diventata ormai, appunto, una moda. Dietro spesso non c’è una strategia, ma si ricorre alla narrazione perché “lo fanno tutti”.
Lo Storytelling, a causa dell’uso poco coscienzioso che se n’è fatto in alcuni ambienti (soprattutto nella politica), viene spesso interpretato come uno strumento manipolatorio, che viene utilizzato per nascondere qualcosa o per non dare una visone obiettiva della realtà. Invece di raccontare fatti si narrano delle storie.
La conclusione è semplice: se non si ha nulla da raccontare, se le nostre storie non sono portatrici di valore aggiunto, è meglio rinunciare allo Storytelling.

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Storytelling, definizione e consigli su come farlo
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Descrizione della disciplina dello Storytelling e delle materie a esso associato (per esempio Storytelling Aziendale, Data Storytelling). Con esempi e consigli per diventare buoni narratori.
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