Godzilla calpesta il logo del Jurassic Park

Storytelling d’intrattenimento per esorcizzare la Storia: Godzilla

Film presi in esame:

Godzilla (2014)

Shin Godzilla (2016)

Godzilla II – King of the Monsters (2019)

Alcune delle tematiche presenti nelle rappresentazioni “originali” di Godzilla vengono totalmente ribaltate quando a trattare quest’icona (ormai universale) sono sistemi culturali diversi da quello che l’ha partorita… ma ogni tanto questo accade solo parzialmente; e noi, da spettatori di una forma di intrattenimento “di genere”, non riusciamo ad afferrare la complessità che regge la narrazione, capace di scendere molto più in profondità di quanto possiamo sospettare.

Paura come “leva” della fantascienza

Molte delle tematiche affrontate in libri e film di fantascienza affondano le radici in paure radicate nell’animo umano e figlie della contemporaneità.

Che si tratti del timore che un giorno le macchine ci contenderanno il dominio della Terra (Matrix, Terminator), di un angoscia per le incontrollabili conseguenze di una guerra fredda (War Games), dell’incubo di una società futura appiattita su di un modello di vita consumistico (Essi Vivono di John Carpenter) o preda di una deriva autoritaria che non lascia speranze (1984), da sempre la paura è stata un grande propellente per un genere che non è mai passato di moda.

Godzilla, le origini di un simbolo immortale

La mente di Tomoyuki Tanaka partorì Godzilla nel 1954.
Il tema alla base di quella fortunata invenzione era quello della natura che si vendica sull’umanità, colpevole di aver inventato e utilizzato la bomba atomica.

Il ricordo delle tragedie di Nagasaki e Hiroshima ancora dilaniava un Giappone ferito nell’orgoglio; ma il 1954 era stato l’anno di un’altra tragedia: la Daigo Fukuryu Maru, un peschereccio giapponese, era stata contaminata da radiazioni a seguito di un esperimento americano nell’Atollo di Bikini.
Il suo capitano morì poco dopo a causa delle radiazioni che avevano avvelenato il suo corpo.
Questo fu un altro doloroso colpo a una nazione che stava cercando di risollevarsi tra mille difficoltà proprio a seguito di un attacco nucleare portato per mano statunitense.

Godzilla (2014), Shin Godzilla e Godzilla King of The Monsters | USA vs Giappone

Alle origini di Godzilla vi è quindi la questione della “colpa” umana, messa in relazione alla problematica nucleare/ambientale e a quella dell’umiliazione di un intero popolo.

Ma questo nucleo tematico verrebbe sviluppato diversamente se ad affrontarlo fossero i “carnefici” storici (gli USA) o i “vinti” (il Giappone)?

Contesto sociale

Per quando riguarda la delineazione del contesto sociale che ospita la narrazione, Shin Godzilla è sicuramente più penetrante rispetto ai due film americani.

Nel film giapponese non mancano critiche al sistema nipponico.
In Giappone, secondo le stesse parole di alcuni personaggi, si fa carriera soprattutto grazie all’anzianità e alla fedeltà al partito.
Sembrerebbe che in America ci sia più meritocrazia, come emerge dal fatto che Kyoko, l’inviata speciale del presidente USA, è una giovane ragazza. Ma il giudizio non è mai netto. In Shin Godzilla, non ci sono “buoni e cattivi”.
Poco dopo aver fatto cenno alla tenera età di Kyoko si mette in mostra il fatto che anche lei una “spintarella” l’ha avuta. Suo padre, infatti, è un potente politico.

In Shin Godzilla la catastrofe causata dalla comparsa del mostro viene approfondita maggiormente; con un realismo del tutto assente nei due Godzilla made in USA viene fatto cenno alle sue ripercussioni sulla borsa, sull’occupazione e sulle finanze del Giappone.

Il Giappone depredato

Un tema centrale nella pellicola giapponese (tanto da diventarne una delle assi portanti) è quello della sudditanza del Giappone, anche quello contemporaneo, nei confronti degli USA.

Questa situazione di inferiorità  è causa di costante frustrazione nell’animo di tutti i personaggi coinvolti nella narrazione.

Il “sopruso” si manifesta, tra l’altro, nelle richieste unilaterali degli americani e nel loro appropriarsi di campioni di tessuto del mostro che ha attaccato Tokyo.

Allo stesso tempo, però, Kyoko e altri membri del governo americano danno supporto (almeno non si schierano apertamente contro) al tentativo di contrastare l’utilizzo dell’atomica per abbattere Godzilla; così facendo evitano di portare un’ulteriore grave affondo nei confronti dei nipponici.

Quando gli americani danno il loro supporto militare un membro del governo giapponese si lascia scappare un’esclamazione: “Sapevo che gli americani non ci avrebbero deluso!”.

Quindi anche qui: sebbene la narrazione e regia possano sembrare a tratti estremamente semplificate, siamo in un contesto ricco di sfumature.
Niente è tutto bianco o tutto nero.

Nel finale assistiamo a una scena che rivela palesemente l’angoscia giapponese per la dipendenza nei confronti dello “straniero”.
Uno dei politici che ha guidato il Giappone durante questa difficile fase si inchina di fronte all’ambasciatore francese.
La Francia, avendo la promessa di poter studiare Godzilla una volta congelato, ha dato grande supporto all’impero del Sol Levante durante le ore di crisi.
Le immagini sembrano lasciare intendere che, sì, il Giappone è riuscito ad emanciparsi dalla dipendenza dagli Stati Uniti ed è ora in grado di relazionarsi indipendentemente con altri partner, ma a quale costo? Quello di dover prostrasti di fronte a un altro padrone?

 L’uso della lingua

Anche l’uso della lingua è uno strumento di colonizzazione e serve a stabilire chi comanda.
Kyoko sa parlare perfettamente giapponese, ma la lingua del potere è quella degli americani.
Quando si deve trattare si usa l’inglese. Sono gli USA a dettare i tempi della comunicazione.

Durante la narrazione si ha quasi l’impressione che la cosa che dà più fastidio ai giapponesi sia il fatto che gli americani hanno già battezzato (prima che facesse la sua comparsa nella baia di Tokyo), con un nome ridicolo, il mostro che sta devastando la loro capitale.

È questo un messaggio, neanche troppo velato, per dire che per i giapponesi la cosa più difficile da sopportare è l’appropriazione, e la commercializzazione, da parte degli americani “invasori” di ciò che simboleggia Godzilla?

La genesi del mostro

Un’altra grande differenza tra le due narrazioni (prenderemo i due film americani come un tutt’uno) riguarda la genesi di Godzilla.

Godzilla, nei film USA, è quello che resta di una antica specie di animali che si nutrivano di radiazioni e che, col diminuire dei livelli della radioattività terrestre, si sono adattati a vivere nelle profondità marine.
Il Godzilla “originale”,  invece, assume la sua forma distruttiva a seguito di una contaminazione nucleare.

Questa è solo apparentemente una sottile differenza; nella “storia” americana l’uomo non ha responsabilità diretta nella nascita del mostro.
Il concetto di “colpa” viene lavato via con una passata di spugna.

Jun Fukuda, regista di alcuni film sul grande sauro, indica in Godzilla un “simbolo della complicità umana nella sua propria distruzione”:

 “[Godzilla] È la personificazione della violenza e dell’odio per l’umanità poiché fu creato dall’energia atomica.”

Come a voler attenuare ulteriormente l’influsso umano nella genesi del mostro, in Godzilla (2014) si racconta di un sottomarino americano che nel 1954 (lo stesso anno della genesi del Godzilla originario e della tragedia della Daigo Fukuryu Maru) un sottomarino americano, scendendo nelle profondità degli abissi, ha risvegliato qualcosa.

Tutti gli esperimenti effettuati dagli americani negli anni 50, tra cui quello colpevole della contaminazione del peschereccio giapponese, non sarebbero stati test, ma tentativi di distruggere il mostro.
Anche questo è un tentativo di rimuovere un’onta storica attraverso la narrazione?

Godzilla alleato o nemico

Nei film americani Godzilla è a tutti gli effetti un alleato della razza umana e interviene consciamente per riequilibrare le forze della natura. È guidato da una volontà e da uno scopo.
Nella sequenza finale di Godzilla (1994), una volta debellata la minaccia che incombe sugli uomini, la bestia si immerge di sua volontà nelle profondità marine, salutato dagli applausi di una folla festante.

In Shin Godzilla il mostro, invece, sembra non avere coscienza.
Non detiene realmente il controllo del suo illimitato potenziale offensivo. La sua furia, come quella di una bomba atomica, è cieca e devasta indifferentemente ogni cosa nel raggio di chilometri.
Alla fine del film la sua figura resta come un monito ben visibile nello skyline di Tokyo.
Gli uomini sono riusciti a ibernarlo. Ma la minaccia non è debellata del tutto, il congelamento è solo temporaneo. Il mostro si risveglierà, bisogna restare vigili.
Secondo le parole di Rando, uno dei personaggi principali del film, “gli uomini dovranno imparare a convivere con Godzilla”.
Dovranno cioè imparare a convivere con il costante pericolo dell’autodistruzione e, allo stesso tempo, dovranno imparare a sopportare il fardello della storia. Il fardello delle loro stesse colpe.

Una delle scene finali di Godzilla. In primo piano si vede il protagonista. Dietro di lui, tra i palazzi di Tokyo, svetta la sagoma del Godzilla ibernato.
In Shin Godzilla il mostro, una volta ibernato, diventa un vero e proprio elemento fisso del paesaggio.
La sua sagoma rimanda a una minaccia che incombe su Tokyo e sul mondo intero; quella della possibile autodistruzione umana.

L’orologio di Serizawa | Giappone e trauma storico, la chiusura del cerchio

E dunque? La narrazione dei Godzilla americani è veramente tesa, casualmente o di proposito, a rimuovere le tematiche storiche (e scomode) che stanno alla base di uno dei personaggi più importanti e conosciuti della cultura nipponica?

Una scena in particolare di Godzilla II – King of the Monsters dimostra che anche le versioni americane fanno, seppure in un modo meno esplicito, i conti con la Storia.

Primo piano dell'orologio che Serizawa stringe nella mano.
L’orolgio di Serizawa è l’elemento attorno al quale ruota il complesso sistema simbolico di tutta la narrazione in Godzilla II – King of the Monsters.

Nella scena sono presenti Mark, che ha perso il figlio anni prima durante lo scontro tra Godzilla e un altro titano, e Serizawa, lo scienziato giapponese che da tempo è sulle tracce di Godzilla.
Serizawa stringe tra le mani un orologio le cui lancette sono ferme da anni, da quando suo padre ha perso la vita sotto il fuoco dei bombardamenti nucleari statunitensi.

Mark: Che ora è?

Serizawa: È ora di prendere un orologio nuovo…

Mark: La battuta preferita di Andrew. Non tiravi mai l’orologio dalla tasca senza che ti facesse questa domanda.
Se mi avessi detto cinque anni fa che avrei tentato di salvare quello che ha ucciso mio figlio perché è l’unico modo di salvare la famiglia che mi resta…

Serizawa: Certe volte l’unico modo per curare le ferite è fare pace con i demoni che le hanno procurate

Mark: Ci credi veramente?

Serizawa: Tu no? Non è per questo che sei qui? Ci sono cose che superano la nostra comprensione; dobbiamo accettarle o imparare da esse, perché questi momenti di crisi sono anche potenziali momenti di fede. Momenti in cui ci riprendiamo o andiamo in pezzi.
La natura trova sempre il modo di riequilibrarsi; l’unica domanda è: quale parte avremo noi? 

Mark: L’hai pensato adesso?

Serizawa: No… l’ho letto in biscotto della fortuna… un lunghissimo biscotto della fortuna.

Nella scena si assiste quindi a una sorta di parallelismo tra i due personaggi:

Mark  deve compiere un atto di perdono e di riconciliazione a favore del “demone” che gli ha portato via suo figlio.

Serizawa deve invece riconciliarsi con un “demone” storico: i bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki, rappresentati simbolicamente dallo stesso Godzilla.

Chi ha subito un trauma è portato spesso a riviverlo in eterno; è questo il simbolo nascosto dietro alle lancette ferme.
Serizawa sa che è arrivato il momento di “cambiare l’orologio”, di elaborare finalmente il trauma e trovare la forza per andare avanti.
Ma per fare questo dovrà prodigarsi in un atto di fede, di perdono (e superamento del trauma e perdono sono strettamente correlati in psicologia). Solo questo può rimettere in moto il tempo della Storia.

Serizawa, verso la fine del film, scenderà da solo nelle profondità marine (profondità dell’inconscio?) e poi nella caverna (simbolo del ventre materno, dunque di rinascita?) dove riposa Godzilla.
Si ritroverà in un luogo al di là del tempo, il luogo del Mito e della leggenda.
Solo qui potrà accarezzare Godzilla e chiamarlo “amico mio”, solo in questa dimensione è possibile la vera riconciliazione, il perdono e il superamento dei dissidi storici.
Attraverso il ricorso al Mito il male della storia viene quindi rielaborato ed esorcizzato.

Serizawa è il simbolo di un Giappone che rivive continuamente il trauma della sua Storia e che alla fine, per non finire in pezzi e andare avanti, si è dovuto riconciliare con il suo passato, riportando alla dimensione del Mito, del racconto, i suoi demoni reali.

In fondo cosa è Godzilla, se non una narrazione mitica moderna che porta dentro di sé la testimonianza di un’immensa tragedia storica?
Cosa è se non il tentativo di esorcizzare (e superare) le paure dell’uomo e della storia attraverso la loro riformulazione in racconto?
Cosa è se non un perenne atto d’accusa nei  confronti dei nostri stessi “peccati”; quei peccati che, se non saremo vigili, potrebbero mandarci in pezzi, come individui e come specie, da un momento all’altro?

Scena finale di Shin Godzilla. 
Lungo la coda del mostro sono visibili dei corpi umani.
Il personaggio di Godzilla, in molte delle sue rappresentazioni cinematografiche, è un monumento alla follia autodistruttiva della razza umana.
È questo il significato dell’ultima scena di Shin Godzilla, dove i copri delle persone travolte dalla bestia sono fusi in un tutt’uno con la sua coda?

Noi siamo Godzilla?

Summary
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Storytelling d'intrattenimento per esorcizzare la Storia: Godzilla
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Come una narrazione di genere puà entrare a fondo nell'analisi sociale e storica di un popolo. Analisi dei tre film Shin Godzilla, Godzilla (2014) e Godzilla II – King of the Monsters.
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